Una Patata nel mio Studio?

Mi chiedono spesso per quale motivo nel mio studio ci sia una patata (sì, una patata!).
E’ vero, è di plastica. Ma è pur sempre una patata.

E’ un regalo che ho ricevuto l’ultimo giorno di scuola di specializzazione e a cui tengo molto. La patata è un po’ il simbolo della tendenza attualizzante.

La Tendenza Attualizzante

Ok, fermi tutti! Cos’è la tendenza attualizzante? La tendenza attualizzante è un concetto caro a Carl R. Rogers, fondatore dell’Approccio Centrato sulla Persona, e può essere definita come una forza fondamentale che porta l’individuo a crescere e ad affrontare qualsiasi difficoltà al solo fine di raggiungere una maggiore autonomia, maturità e realizzazione del proprio Sè.

La fonte di questa tendenza è intrinseca in ognuno di noi ed è orientata allo sviluppo e all’attuazione ottimale delle nostre potenzialità.

E’ un concetto ripreso dalla biologia: come un seme contiene al suo interno la spinta innata per diventare pianta, così il neonato ha dentro di sé una forza analoga, un’energia propria che lo guida nella crescita e nello sviluppo.

Rogers osservò una pianta di patate nel seminterrato e notò che, seppur in condizioni difficili in assenza di acqua e luce, questa riusciva a trovare la strada e a crescere fino a raggiungere la finestra – la vita –, spinta evidentemente da una qualche forza vitale capace di superare grandi ostacoli pur di realizzare a pieno il proprio potenziale. La pianta non era cresciuta nelle migliori condizioni, la forma era infatti irregolare e aveva più di un difetto visibile.

Così Rogers pensò alle persone che aveva incontrato nel suo lavoro e capì che in fondo erano come quella pianta di patate: anche se non tutte erano cresciute in condizioni favorevoli, avevano fatto del loro meglio per maturare e diventare persone adulte.

Le nostre risorse interne e le nostre abilità ci consentono di progredire e imparare a dispetto di condizioni sfavorevoli e avversità di ogni genere (le patate puntano sempre alla luce, anche in un seminterrato).

Costrutti e la Necessità di Essere Amati

Con la stessa forza della tendenza attualizzante, ogni bambino porta dentro di sé anche un bisogno fondamentale, ovvero la necessità di essere amato. Da piccoli dipendiamo dagli altri e dall’amore che gli altri hanno per noi, perché percepiamo che la nostra vita è nelle loro mani.

Questo bisogno si sviluppa e ci spinge a desiderare di essere accettati e amati dalle persone importanti, ovvero quelle che sono le figure significative della nostra vita.
Così, per soddisfare questo bisogno, ci allontaniamo progressivamente dal nostro sistema di riferimento interno ed iniziamo ad introiettare quello altrui.

Da bambini iniziamo quindi a pensare “perché mi vogliano bene devo essere o fare così” oppure “per essere accettato non posso dire questa cosa” e cominciamo ad inserire questi costrutti nel nostro essere.

Accade così che, in maniera non controllata e involontaria, sostituiamo le nostre necessità e i nostri bisogni con quelli che riceviamo dall’esterno.

I costrutti sono naturali e funzionali, servono a darci delle regole di auto-organizzazione e auto-realizzazione (puntiamo sempre alla vita dopotutto, come la patata) ma a volte possono diventare eccessivamente rigidi e oppressivi, finendo per causarci grande disagio.

Se fino a qui pensi di non averci capito molto, sono d’accordo con te. E’ un fenomeno complesso.

Incongruenza: Vorrei Essere e Credo di Dover Essere

Facciamo un esempio: un bambino scopre che andare a giocare a pallone con gli altri bambini, un’attività che gli piace tantissimo, è al tempo stesso qualcosa che non rende felice la mamma e che anzi la preoccupa (magari perché teme che si faccia male).

Lui non vuole far dispiacere la mamma – la sua prima figura di riferimento – e lentamente inizia a dirsi: “è così importante per me andare a giocare? Forse no, posso stare qui con la mamma e farle compagnia”.

Il bambino sostituisce così il suo bisogno di gioco con quello della mamma, introiettandone il desiderio e decidendo infine che giocare a pallone con gli altri bambini non è poi così importante per lui.

Questo è solo un esempio, è infatti del tutto naturale che i genitori diano regole e impostino in una certa misura le attività dei figli, ma può spiegare come spesso finiamo per sostituire ciò che desideriamo con quello che gli altri desiderano per noi e per loro stessi.

Da adulti continuiamo così, che sia a casa con la famiglia, sul lavoro o fuori con gli amici. Ormai abbiamo imparato a pensare e agire secondo questa logica ma la nostra tendenza attualizzante – quella che ha sostenuto la patata fino alla luce – è sempre dentro di noi, non si spegne e non cessa di esistere.

Potremmo dire che si assopisce a tratti, schiacciata dagli imperativi, quando sentiamo che ciò che vogliamo essere si allontana sempre più da ciò che dovremmo essere. Ed è qui che sperimentiamo l’incongruenza, cioè la distanza fra come “vorrei essere” e come “credo di dover essere”, che è causa di sofferenza.

Non sappiamo più se quello che siamo e facciamo risponde davvero ai nostri bisogni o piuttosto a quelli degli altri, essendosi questi ormai fusi insieme.

Iniziamo così a sperimentare un disagio o un malessere e alcuni sintomi cominciano a parlarci: può essere un attacco di panico, una sensazione inspiegabile di ansia più o meno ricorrente, un disturbo psicosomatico, l’incapacità di controllare la rabbia o magari un dolore così sopito e difficile da affrontare che ci porta ad assumere comportamenti anomali oppure a ripeterne altri in maniera compulsiva.

Cosa fare dunque? Dove la patata punta con grande fatica verso la luce, noi possiamo riconoscere quei segnali e chiedere aiuto.
 
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