
Un Cactus in Studio
Perché il cactus?
Quella del cactus è una metafora a me molto cara e che uso spesso in studio, dove ce ne sono alcuni veri a farci compagnia durante le sedute di psicoterapia e a ricordarci chi siamo e perché siamo lì.
Uno straordinario (e spinoso) adattamento
I cactus appartengono alla famiglia delle cactacee e sono piante verdi ricoperte di spine che raramente regalano fiori. Certamente sono meno eleganti delle più celebri orchidee o delle delicatissime magnolie ma hanno alcune caratteristiche speciali che li rendono unici.
Sanno adattarsi ai terreni più aridi e ai climi più torridi, quelli in cui la maggior parte delle altre piante non ha possibilità di crescere e svilupparsi.
Poi certamente si tratta di gusti e per me, oltre a questa peculiarità, sono anche bellissimi.
Ma questa è un’altra storia.
Il tessuto vegetale permette loro di conservare l’acqua all’interno e poter così aspettare pazientemente la prossima pioggia. Per questo motivo vengono chiamati anche piante grasse o succulente.
Inoltre sono spesso ricoperti di spine, una straordinaria forma di adattamento che ha consentito ai cactus di non disperdere nell’ambiente l’acqua e le sostanze nutritive.
E anche se non puoi mai sapere con sicurezza quando lo faranno, quando fioriscono regalano fiori meravigliosi.
Siamo tutti un po’ cactus
Ed è per questo e altri motivi che i cactus mi ricordano spesso le persone che siedono in studio di fronte a me.
Come i cactus, anche loro hanno imparato loro malgrado a conservare la propria “tendenza attualizzante”, come la chiamava Rogers, nonostante le avverse condizioni esterne.
Dove i cactus conservano l’acqua, le persone si aggrappano totalmente alle loro innate risorse per rimanere in piedi tra le intemperie della vita.
Hanno anche loro imparato a foderarsi di spine per proteggersi dal mondo esterno ma la loro vera natura non è affatto spinosa e, proprio come i cactus, conservano dentro un’anima gentile capace di regalare fiori inaspettati.
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